Abetare (un giorno a scuola), 2025. Disegni e scarabocchi dei banchi delle scuole di Dogliani e dei Balcani è la prima opera permanente dell’omonimo progetto Abetare, una serie di opere che l’artista Petrit Halilaj porta avanti dal 2015.
Abetare prende il nome dal titolo dell’abecedario su cui i bambini studiano la lingua albanese ed è un gigantesco archivio di disegni e incisioni trovate dall’artista sui banchi di scuola. L’idea nasce nel 2010, quando l’artista torna in Kosovo a Runik, il villaggio in cui era cresciuto e dove aveva frequentato le elementari, ormai quasi completamente distrutto dalla guerra. La scuola era uno dei pochi edifici rimasti in piedi, e mentre Halilaj filmava ha notato che stavano cominciando a demolirla per far posto a una nuova scuola. I vecchi banchi erano impilati all’esterno, pronti per essere buttati, così l’artista ha iniziato a fotografarli, documentando graffiti e disegni che si erano stratificati negli anni, dall’epoca della Jugoslavia fino al dopo guerra. Halilaj ha poi esteso la ricerca a altri territori nei Balcani, interrogandosi su cosa unisse e cosa rendesse diverse le bambine e i bambini di generazioni e provenienze così distanti. Oggi l’archivio di Abetare raccoglie la memoria storica di tante epoche e territori sovrapposti, e unisce lo scorrere del tempo all’attraversamento dei confini geografici. Da questa enciclopedia di scarabocchi l’artista seleziona di volta in volta elementi differenti e trasforma il tratto bidimensionale in monumentali sculture in metallo piegato e lavorato per riprodurre in grande scala e nello spazio tridimensionale il disegno originario.
Gli scarabocchi sui banchi di scuola sono un gesto che accomuna le bambine e i bambini di ogni parte del mondo. Da quando riescono a tenere una matita in mano, il mondo è il loro foglio: porte, tavoli, pavimenti, cassetti. Chiunque può ricordare, scavando nella propria memoria, di aver disegnato sulla superficie verde acqua del proprio banco: una casetta stilizzata, le proprie iniziali, un sole sorridente, un lapidario CIAO. Non per vandalismo o trasgressione, ma per la necessità di appropriarsi di un oggetto – così quotidiano eppure così anonimo – e di lasciare una traccia del proprio passaggio, trasformando il banco nel testimone della propria esistenza nello spazio scolastico.
Per la seconda edizione di Radis, Petrit Halilaj è stato invitato a pensare un’opera appositamente per questo luogo, dove prima sorgeva una piccola scuola di borgata, un edificio di due piani in disuso dagli anni Settanta. L’artista ha creato un’opera che occupa lo spazio lasciato dalla vecchia scuola, al tempo stesso aprendo alla possibilità di ammirare il paesaggio circostante, che prima era nascosto dall’edificio. L’opera rappresenta una casa stilizzata che Halilaj ha trovato incisa da una bambina o un bambino di una scuola di Dogliani. L’artista ha assemblato tubi di acciaio piegati e ritorti per riprodurre fedelmente il disegno, rendendo uno scarabocchio fugace un’opera scultorea e permanente. Come racconta il titolo, Halilaj ha dato vita a una nuova scuola, popolata da creature, scritte e simboli provenienti sia dai banchi delle Langhe sia dei Balcani. L’opera è un crocevia di segni e figure di diverse aree geografiche, un incontro che diventa una celebrazione gioiosa dell’immaginazione e della fantasia, della libertà e del gioco di bambine e bambini di ogni luogo e di ogni tempo.
“La vecchia scuola di Borgata Valdibà rinasce come una casa di fantasia, abitata da personaggi, scarabocchi e sogni ad occhi aperti provenienti sia dagli studenti di Dogliani sia da bambine e bambini di tutti i Balcani: una torreggiante fantasticheria che fluttua libera attraverso i confini geografici e politici”. Petrit Halilaj

Petrit Halilaj
Foto © Andrea Guermani
Petrit Halilaj
Petrit Halilaj (1986, Kostërrc, Kosovo) è l’artista invitato per l’edizione di Radis 2025. Halilaj concepisce le mostre come un modo per alterare il corso di storie personali e collettive, creando mondi complessi che rivendicano spazio per la libertà, il desiderio, l’intimità e l’identità. Il suo lavoro è profondamente legato alla storia recente del Kosovo, suo paese natale, e alle conseguenze delle tensioni culturali e politiche nella regione, che spesso l’artista prende come punto di partenza per innescare poetiche controcorrente per il futuro. I progetti, radicati nella sua biografia, comprendono una varietà di mezzi di espressione, tra cui scultura, disegno, testo e performance. Spesso il suo lavoro incorpora materiali provenienti dal Kosovo e assume la forma di ambiziose installazioni spaziali, trasponendo relazioni personali, luoghi e persone in forme scultoree. La pratica di Halilaj può essere vista come un tentativo giocoso e, a volte, irriverente di resistere alle politiche oppressive e alle norme sociali verso una fiera celebrazione di tutte le forme di connessione e libertà.
La Borgata Valdibà
Dogliani si trova nel centro delle Langhe sud-occidentali. In dialetto piemontese il termine langa indica la cresta assottigliata di una catena collinare e, come è facile intuire, significa lingua. E in effetti la cittadina è circondata da colline che, per la forma affilata delle dorsali, sono simili a lingue, le cui pendici sono pettinate dai filari di vigne a perdita d’occhio, mentre in cima a ogni cucuzzolo sorge un piccolo agglomerato di case, identificate dai cartelli stradali come «borgata», l’entità minima con cui è possibile definire una località abitata.
La Borgata Valdibà si trova in un punto panoramico nel cuore di quest’area, lungo una strada che conduce da Dogliani a Monforte d’Alba. Arrivando dalla città il primo edificio che si staglia dopo una serie di curve è la Chiesa di San Bartolomeo. Addossata alla chiesa c’è la canonica, e subito dietro sorgeva un piccolo edificio a due piani che tra gli anni Cinquanta e gli anni Settanta è stata la scuola di borgata, il punto di riferimento per le bambine e i bambini del territorio circostante. Al piano inferiore un’unica stanza ospitava una multi-classe, composta da bambini tra i sei e i dieci anni che arrivavano a piedi, portando da casa la legna per la stufa d’inverno. E’ proprio al posto della scuola, in disuso dagli anni Settanta, che sorgerà l’opera di Petrit Halilaj, una casetta stilizzata che si integrerà con il paesaggio, abitata da creature di ogni genere ispirate ai disegni incisi sui banchi di scuola delle Langhe e dei Balcani.